"Le rose umane pur in mezzo a tanti guai imbiancano ma non appassiscon mai."
Lina Manattini
Avevo sentito tante volte parlare della Lina, da mio nonno che spesso la descriveva come una santa e da tante altre persone che la descrivevano come una persona speciale. Finalmente in un
pomeriggio d'inverno ho avuto il piacere di conoscerla grazie alla Paola, sua nipote, una maestra e una persona squisita che mi ha invitato per una visita a casa loro.
Appena entrata ho avuto una sensazione di benessere, il calore della stufa accesa, l'atmosfera famigliare, il panorama dei monti avvolti nelle nuvole che si stagliavano contro il cielo terso.
La Lina era seduta sul divano e stava facendo la maglia e fin qui niente di strano se non per il fatto che Lina ha perduto la vista e la sua abilità è affidata unicamente al tatto, per me, che litigo con i ferri, questa è stata una sorpresa, quasi un miracolo. Ci siamo presentate e in maniera molto naturale abbiamo cominciato a parlare, un po' di tutto, non le ho fatto una vera e proprio intervista ma il discorso è fluito naturalmente tra ricordi e poesie.
Lina è sempre stata una persona molto creativa, mi ha mostrato alcune delle cose che ha creato molti anni fa per fare felice qualcun'altro; una bambola che sembra essere una vera waldorf! Un cagnolino in legno e cuoio interessante opera di arte povera, un pupazzo realizzato con un barattolo come corpo in perfetto stile recycling , un meraviglioso tappeto creato completamente a fantasia e poi presine e berretti che sta realizzando ora, ma la sua grande passione è la poesia.
Bevendo un tè accompagnato con biscotti e crostata squisiti mi racconta di quando era bambina, erano tempi in cui ogni famiglia aveva due o tre pecore da cui ricavava la lana che veniva poi lavata, scarmigliata, “scardazzata” e infine filata con il fuso o col filarino. La famiglia di Lina aveva tre pecore, una morì di parto e l'agnellino venne subito adottato da un'altra pecora che non aveva mai avuto figli alla quale venne il petto pieno di latte, Lina mi fa notare come la natura sia meravigliosa e l'istinto materno non risieda solo in chi ha avuto figli.
Ricorda come sua madre filasse la sera, davanti al fuoco. Non c'era l'energia elettrica e lei filava con la luce di una piccola lampada a petrolio improvvisata , faceva un fumo nero e denso che
le anneriva la punta del naso. In estate tutti si alzavano verso le quattro e mezza del mattino e si portava il latte in un punto di raccolta per la Centrale, sulle spalle si metteva un legno
ricurvo ( “subagi” ) con delle tacche alle estremità per il manico del secchio, la stessa cosa si faceva la sera. Si portavano le mucche al pascolo nelle lunghe giornate estive ed era allora che
i bambini, non avendo giocattoli, scatenavano la fantasia inventando oggetti che sembrano usciti dal mondo delle fate, fatti con elementi vegetali; come le mucche fatte con le “paterlenghe”
(bacche di rosa canina), adorabili seggioline fatte con i giunchi intrecciati e collane o rosari fatti di bacche.
Due volte l'anno si faceva la “carsenta” una torta povera, se te ne davano un pezzettino eri felicissimo! C'erano i “mignin” dei boscottini tipo wafer che si mangiavano raramente ma erano così buoni! Certo, non si potevano fare sprechi. Per regalare il tabacco per la pipa a suo padre, la mamma della Lina una volta aveva venduto un uovo. Ma il momento più bello era sicuramente La Befana, i bambini credevano moltissimo a questa vecchietta un po' nonna un po' strega. Fuori dalla porta della casa di Lina non mancava mai l'acqua e il fieno per l'asinello della Befana e il nonno di notte faceva delle impronte con un ferro di cavallo per fare credere ai bambini che davvero la Befana era passata di lì. Il nonno, quando il camino era spento, quando loro erano distratte, lanciava verso l'alto, nella cappa del camino, una manciata di nocciole e caramelle e diceva “butta la 'Pfana!” (“butta la Befana!) e loro rimanevano incantate e un po' impaurite ma sempre più convinte che la Befana esistesse davvero. Un giorno la madre di Lina la chiamò e le disse “ Lina devo dirti una cosa, la Befana non esiste, la Befana sono io ma quest'anno non posso portarti niente”, e lo disse con questa semplicità. Lina capì e si commosse per i sacrifici che la sua famiglia, come tante altre, facevano quotidianamente.
Questi sono solo alcuni dei ricordi di Lina che è una vera poesia vivente, standole vicino si avverte una sensazione di benessere, direi che è una persona “luminosa”!
Lina è anche molto credente ed è una delle poche persone che ancora custodiscono certe usanze dell'Appennino tra medicina e credenza popolare di cui magari vi parlerò la prossima volta visto che voglio incontrare ancora Lina!
Vi lascio con una preghiera scritta da lei:
Signore Gesù
io ti offro la mia oscurità
perchè con la Tua grazia
la trasformi in luce
per quanti – pur vedendo -
hanno il buio nel cuore. Amen.