Tutto il Mediterraneo, è un “mare di montagna”, attorno al quale tra coste e monti si svilupparono, per millenni, mille piste per la transumanza, i “tratturi”. In Spagna le Serranias e le Sierras, in Francia le Alpilles, in Italia il Supramonte, i Peloritani, i Nebrodi, le Madonie, la Sila, il Gran Sasso, la Maiella, la Laga, l’Appennino Toscoemiliano, dal Verghereto ai Mandrioli, dal Corno alle Scale al Cimone, il gruppo del Baldo e i Lessini, in Grecia l’Olimpo e il Parnaso, in Mauritania l’Atlante: su tutte le coste del Bacino è stato, d’inverno, un brulicare di animali, che l’estate salivano, lungo i tratturi, a quote tra i mille ed i duemila metri. (fonte wikipedia)
Quando d’autunno le greggi scendevano dall’Appennino per svernare in Maremma, si sentivano per giorni il pesticcio delle pecore, i campani, l’abbaiare dei cani. Era un immenso fiume di lana
quello che scendeva verso il mare da due direzioni principali: l’Appennino tosco-emiliano e quello alle spalle di Arezzo. Passato l’inverno, goduta la primavera, le greggi ripartivano nel senso
opposto.
Ogni gregge veniva guidato in un itinerario prestabilito dove, nelle aie di contadini ospitali, si passava la notte in cambio del latte appena munto. I grandi cani bianchi seguivano il gregge, la
famiglia del pastore e i pochi attrezzi venivano portati su un carro tirato da un ciuco, in una nuvola di polvere, di mosche, di storia. (fonte parcodeglietruschi.it)
C'è una grande storia legata alla pastorizia e alla lana di pecora, purtroppo la pastorizia è andata via via scomparendo anche se, attualmente ci sono vari progetti di recupero delle percore autoctone dell'Appennino Toscoemiliano (razze: Cornigliese, Massese, Garfagnina, Modenese) e di recupero della lavorazione dei materiali antichi.
La lana ricoprì un ruolo talmente importante nella civiltà contadina che si può parlare, senza esagerare, di una vera e propria Via della Lana.
Ovviamente accanto a questo mercato c’era l’uso che ogni famiglia faceva della lana, infatti le donne sapevano cardare e filare la lana per produrre gli indumenti necessari per la famiglia, ovviamente erano cose essenziali e piuttosto dure da indossare per la loro ruvidezza.
Il ciclo della lavorazione della lana- Dall’Appennino alle Botteghe fiorentine (fonte Museo della Lana casentinese)
Il ciclo di lavorazione artigianale della lana, svolto in parte negli opifici e in parte a domicilio, è in Toscana l’unico metodo di produzione fino alla fine del Settecento.A partire dal Medioevo l’organizzazione del ciclo produttivo fu regolamentata rigidamente dalle Arti, cioè le corporazioni in cui erano riuniti mercanti e artigiani che operavano nello stesso campo, e gestita dal lanaiolo, il mercante-imprenditore.
Il “viaggio” della lana cominciava dai pascoli dell’Appennino, da cui proveniva la lana che veniva trasportata a dorso di mulo nella bottega del lanaiolo. La lana usciva dalla bottega per essere lavata nei corsi d’acqua e poi asciugata, quindi veniva mandata ad altri artigiani, i battilana, che la sgrassavano in bagni di orina e la battevano con bastoni.
Eseguite queste operazioni preliminari, la lana passava ai cardatori, che con appositi strumenti sfilacciavano i fiocchi di lana, rendendo le fibre tra loro parallele per permetterne la filatura.
La massa di fibre di lana veniva divisa in mazzi (stami), consegnati a domicilio alle filatrici, solitamente donne che risiedevano nelle campagne. Stirando e torcendo le fibre di lana, esse ottenevano il filato. Il filato veniva passato ai tessitori, anch'essi lavoranti a domicilio, per lo più residenti nei borghi o in città. Le pezze di tessuto tornavano quindi nella bottega del lanaiolo per le operazioni di rifinizione, cioè dei trattamenti che miglioravano le qualità del prodotto e gli conferivano determinate caratteristiche esteriori.Prima di tutto si procedeva alle riparazioni dei difetti di tessitura, quindi si lavavano le pezze con terre sgrassanti e si eseguiva la follatura nelle gualchiere, delle macchine di legno, azionate dall'energia idraulica, che battevano i tessuti compattandoli.
I tessuti passavano ai tintori che li coloravano immergendoli in vasche di rame riscaldate. La tintura poteva essere anche eseguita precedentemente sul filato o prima ancora sulla lana.
Quindi si procedeva a rifinire la superficie del tessuto, principalmente con le operazioni di garzatura e di cimatura che regolarizzavano il pelo del tessuto per rendere liscia la superficie.
I tessuti erano infine portati ai tiratoi, strutture di legno dove le pezze venivano stese ad asciugare.
Il tessuto, accuratamente piegato, tornava finalmente nella bottega del lanaiolo dove si poteva procedere alla vendita.