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Le fate maligne

Spesso tendiamo a pensare alle fate come esseri simili agli angeli, ma nella leggenda e nel folclore non è affatto così. Le fate hanno una natura ambivalente, il buono e il cattivo, la luce e l'oscurità si confondono in loro come nella realtà. Esistono fate buone, come la fata di Cenerentola, oppure fate cattive come la Regina delle nevi, Carabosse (chiamata Malefica nella versione Disney de 'La bella addormentata') o le fate di Prezzemolina. Prezzemolina è una fiaba italiana raccolta da Italo Calvino nel libro 'Fiabe Italiane', narra di una bambina che, a causa della madre che aveva rubato il prezzemolo nell'orto delle fate cedendo alle voglie della gravidanza, nasce con il destino già segnato e viene rapita dalle fate che vogliono mangiarla, Questa fiaba ricorda Raperonzolo dei Fratelli Grimm dove però al posto del prezzemolo ci sono i raperonzoli e al posto delle fate cattive c'è una potente strega, in realtà si trovano varie versioni di questa fiaba anche precedenti, una di queste è Petrosinella di Giambattista Basile. 

Più di sovente le fate sono buone o cattive a seconda della situazione e della persona con cui hanno a che fare. Nella mitologia le fate sono spesso associate  alle anime dei morti, si crede che siano angeli caduti o morti pagani che rimangono intrappolati nel Regno di mezzo. Le fate inoltre difendono strenuamente le loro dimore e i loro ori e lanciano maledizioni che possono portare anche alla morte. In ogni caso la mitologia di tutto il mondo è piena di racconti sulle fate, racconti così antichi che risalgono alla  notte dei tempi. 

Esempi di fate cattive si trovano in ogni cultura

  • le Nixes sono fate di acqua dolce, mutaforma che si incontrano nella cultura germanica, scandinava, anglosassone. Hanno una natura molto ambigua e sono pericolose. Si lanciano in danze notturne e grazie alla loro bellezza attraggono bei giovani che vengono poi annegati. Durante l'equinozio di primavera invece diventano buone e donano bellezza e giovinezza a chi fa il bagno nelle acque di stagni e laghi. 
  • Le glaistig sono anch'esse fate d'acqua, dalla vita in giù hanno il corpo di una carpa, anch'esse seducono gli uomini con la danza per poi nutrirsi del loro sangue.
  • La Leanan-Sidhe detta anche fata padrona è uno spirito che cerca l'amore dei mortali, se il prescelto cede sarà suo per sempre, nemmeno la morte potrà separarlo da lei e morirà giovane ma sarà sicuramente un poeta o un artista infatti è una musa ispiratrice che però si nutre della vita del suo amato. 
  • Le Bean-Nighe o lavandaie sono spiriti che infestano i corsi d'acqua in Scozia e in Irlanda e lavano i panni sporchi di sangue dei morituri. 

Questi sono solo alcuni esempi degni del mese di Halloween!

 

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E infine vi lascio la bellissima poesia di John Keats che racconta di una fata affascinante e malvagia

'La belle dame sans merci'

Perché soffri, o cavaliere in armi,

E pallido indugi e solo?

Sono avvizziti, qui i giunchi in riva al lago,

E nessun uccello cantando prende il volo.

 

Perché soffri, o cavaliere in armi,

E disfatto sembri e desolato?

Colmo è il granaio dello scoiattolo,

E il raccolto è già ammucchiato.

 

Scorgo un giglio sulla tua fronte,

Imperlata d'angoscia e dalla febbre inumidita;

E sulla tua guancia c'è come una rosa morente,

Anch'essa troppo in fretta sfiorita.

 

Per i prati vagando una donna

Ho incontrato, bella oltre ogni linguaggio,

Figlia d'una fata: i capelli aveva lunghi,

Il passo leggero, l'occhio selvaggio.

 

Una ghirlanda le preparai per la fronte,

Poi dei braccialetti, e profumato un cinto:

Lei mi guardò come se mi amasse,

E dolce emise un gemito indistinto.

 

Sul mio destriero al passo la posi,

E altro non vidi per quella giornata,

Ché lei dondolandosi cantava

Una dolce canzone incantata.

 

 

 

Mi trovò radici di dolce piacere,

E miele selvatico, e stille di manna;

Sicuramente nella sua lingua strana

Mi diceva, "Sii certo, il mio amore non t'inganna".

 

E mi portò alla sua grotta fatata,

Ove pianse tristemente sospirando;

Poi i selvaggi suoi occhi selvaggi le chiusi,

Entrambi doppiamente baciando.

 

Poi fu lei che cullandomi

M'addormentò - e, me sciagurato,

Sognai l'ultimo sogno

Sul fianco del colle ghiacciato.

 

Cerei re vidi, e principi e guerrieri,

Tutti eran pallidi di morte:

"La belle dame sans merci", mi dicevano,

"Ha ormai in pugno la tua sorte".

 

Vidi le loro labbra consunte nella sera

Aprirsi orribili in un grido disperato,

E freddo mi svegliai, ritrovandomi lì,

Sul fianco del colle ghiacciato.

 

Ed ecco dunque perché qui dimoro,

E pallido indugio e solo,

Anche se sono avvizziti i giunchi in riva al lago,

E nessun uccello canta, prendendo il volo.


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